Esperienza di Lederberg e Tatum - la coniugazione batterica
Sebbene il cromosoma batterico contenga tutti i geni necessari alla crescita e alla riproduzione della cellula, si è scoperto che praticamente tutti i tipi di batteri contengono altre molecole di DNA conosciute come plasmidi. I plasmidi, che sono molto più piccoli del cromosoma batterico, possono contenere da due a una trentina di geni. Come il cromosoma batterico, anche i plasmidi sono circolari e autoduplicanti. Alcuni plasmidi si duplicano in sincronia con il cromosoma e ogni cellula figlia riceve soltanto una copia del plasmide. Altri plasmidi si duplicano più frequentemente del cromosoma col risultato che le cellule possono contenere copie multiple del plasmide. Nel caso di alcuni piccoli plasmidi, ne sono stati trovati anche 50 copie in un'unica cellula. Viceversa, se il plasmide si duplica meno frequentemente del cromosoma, alcune cellule figlie possono non ricevere alcuna copia del palsmide. Solo in Escherichia Coli è stato descritta circa una dozzina di differenti tipi di plasmidi, i più importanti del quali sono quello della fertilità, plasmide F, e quello della resistenza ai farmaci, plasmide R.
La conoscenza della coniugazione batterica è stata conseguita attraverso innumerevoli osservazioni ed esperimenti condotti in laboratori molto attrezzati. Tra questi merita di essere esposto quello eseguito da Lederberg e Tatum nel 1946 col quale è stato provato in modo inconfutabile che questi microscopici organismi possono scambiare materiale ereditario. I batteri possono essere coltivati entro scatole o tubi su terreno sterile, cioè privo di altri organismi che con la loro crescita e competizione possono turbare lo svolgersi della ricerca. Il terreno più semplice, o minimo, sul quale si allevano molte specie eterotrofe consta di una soluzione dei composti inorganici necessari alla crescita delle cellule, più una sostanza organica che fornisca l'energia necessaria. Se però si ha a che fare con ceppi i quali, a seguito di una mutazione hanno perso la capacità di sintesi di un qualche composto, allora al terreno minimo occorre aggiungere quel composto, altrimenti quel ceppo non si svilupperà. Va premesso che per convenzione universale tra i genetisti un ceppo geneticamente incapace di sintesi di un composto deve essere indicato con la sigla (in corsivo) di quel composto seguito dal segno - ; se ad esempio il ceppo non sintetizza la leucina, esso verrà designato come Leu- ; in caso contrario verrà designato come Leu +. Vennero coltivati nel medesimo recipiente, con terreno integrato da tutte le sostanze necessarie, due ceppi del comune colibacillo Escherichia coli. Uno di essi era capace di sintetizzare tutte le micromolecole organiche occorrenti ma non la biotina e la metionina (quindi H- e Met - ); l'altro invece era capace di sintetizzare tutte le micromolecole comprese la biotina e la metionina (quindi H e Met ) ma incapaci di sintesi di leucina, treonina e vitamina B1 (quindi Leu -, Thr- e B1 -). Dopo qualche tempo di convivenza, dalla discendenza di questi due ceppi vennero recuperate cellule capaci di vivere su terreno minimo e quindi capaci di fabbricarsi tutte e cinque le sostanze menzionate (quindi H+, Met+, Leu+, Thr+, B1+ ) (fig.). Il risultato indicava chiaramente il riassortimento dei patrimoni genetici . Questo aveva permesso la comparsa di individui geneticamente dotati in modo da poter vivere senza difficoltà in un ambiente precluso a tutte le cellule preesistenti.
W. Hayes (1952) dimostro che il trasferimento genico avviene in una sola direzione (polare): da un donatore (maschio) ad un ricevente (femmina). Il fattore di fertilità La capacità di fungere da donatore è una condizione determinata da una fattore di fertilità F. Ceppi con F sono donatori (F+), quelli senza F sono riceventi (F-).
Fattore F: plasmide che si replica nel citoplasma batterico in modo autonomo.
Il trasferimento inizia sempre da un punto del plasmide detto origine del trasferimento, nella figura rappresentato dalla freccia. Durante il trasferimento di un fattore F in una cellula F-, la cellula donatrice non perde il suo stato F+, in quanto il fattore F viene replicato in coincidenza con il suo trasferimento, permettendo che una copia del fattore F resti nella cellula donatrice.
Il fattore F, normalmente presente come plasmide, può talvolta integrarsi nel cromosoma batterico. L’integrazione cromosomica del fattore F converte una cellula donatrice F+ in una cellula Hfr (high frequency of recombination) capace di produrre una alta frequenza di ricombinazione in successivi incroci poiché ora può trasferire DNA genomico durante la coniugazione. Quando un batterio Hfr è incrociato con un ricevente F- nella cellula ricevente viene trasferito del DNA. Ma invece di trasferire solo il fattore F, la cellula Hfr trasferisce almeno parte (e talvolta tutto) del suo DNA cromosomico, conservandone una copia come nel trasferimento del plasmide F. Il trasferimento inizia dall’origine del trasferimento del fattore F integrato e procede nella direzione dettata dall’orientamento del fattore F all’interno del cromosoma. Si noti che il DNA cromosomico è trasferito in forma lineare, con una piccola parte del fattore F all’estremità iniziale e il resto all’estremità terminale. Poiché il fattore F in questo modo viene diviso in due pezzi, solo le cellule riceventi che ricevono un cromosoma batterico completo dal donatore Hfr possono diventare esse stesse cellule Hfr.
Il trasferimento dell’intero cromosoma è un evento estremamente raro, tuttavia, perché richiede circa 90 minuti. In genere, il contatto si interrompe spontaneamente prima che il trasferimento sia completo, e nella cellula ricevente è passato solamente una parte del cromosoma Hfr. Il risultato è che i geni situati vicino all’origine del trasferiemnto sul cromosoma Hfr sono quelle che hanno la maggior probabilità di essere trasferite nella cellula ricevente. Tutto questo può avvenire anche se il plasmide integrato, quindi definito episoma, si stacca nuovamente dal cromosoma principale portando con sè alcune sequenze di questo e viene successivamente ricombinato.